Licenziamento per giustificato motivo: come e quando si può fare e tempistiche

In alcune situazioni lavorative possono venire a mancare determinati parametri, che permettono di continuare la collaborazione con una o più persone. In specifici casi si può, dunque, arrivare alla necessità di dover licenziare i dipendenti sulla base di una procedura conosciuta come licenziamento per giustificato motivo. In quei contesti occorre conoscere nel dettaglio il quadro in cui ci si muove, a che cosa fa riferimento questa prassi e come è necessario procedere.

All’interno di un regolare rapporto di lavoro, possono intervenire alcuni fattori che portano alla necessità di interrompere lo stesso. Se è il lavoratore a manifestare questa esigenza si  rientra nello scenario delle dimissioni. Al contrario, se è il datore di lavoro a voler interrompere il contratto allora si fa riferimento ad altre linee guida.

Nello specifico, in questo caso si aprono diverse possibilità. Una di queste è conosciuta sotto l’etichetta di licenziamento per giustificato motivo. Il quadro che si viene a delineare è particolare e differisce sensibilmente da altri tipi di licenziamento, come il collettivo o quello per giusta causa. Ecco perché diviene importante conoscere approfonditamente le sue peculiarità prima di intraprendere qualsiasi azione successiva.

Che cos’è il licenziamento per giustificato motivo?

Avendo fatto una prima scrematura tra i diversi tipi di opzione, è bene definire nel dettaglio di che cosa si parla quando si fa riferimento al licenziamento per giustificato motivo. L’espressione viene applicata quando il datore di lavoro stabilisce l’interruzione del rapporto di lavoro che lo lega a uno o più dipendenti. In questo caso la differenza principale è ottenibile dall’analisi delle motivazioni alla base di tale scelta. Motivazioni, che possono essere soggettive o oggettive.

La particolarità di questo scenario si viene a creare dal momento che – in linea di principio – deve comunque essere dimostrato che non era possibile riassegnare il lavoratore a un’altra mansione. Nella pratica, quindi, si deve essere creata una condizione per cui il lavoratore non può adempiere alla sua parte di contratto. Il datore, dal canto suo, deve dimostrare che  non dispone di soluzioni alternative e che non può in alcun modo ricollocare la persona. L’onere della prova, infatti, spetta al titolare e non al collaboratore, che può comunque contestare la decisione aprendo quindi un contenzioso.

Per comprendere meglio la situazione può essere utile guardare ad alcuni esempi  concreti. Nello specifico, il datore di lavoro può dover ricorrere al licenziamento per giustificato motivo qualora stia vivendo una consistente crisi di settore, con un conseguente calo di fatturato. Un altro caso emblematico avviene quando è necessario un ridimensionamento del personale per perseguire una migliore efficienza gestionale o per scongiurare problemi di budget.

Giustificato motivo: oggettivo, soggettivo.

Come anticipato, si può distinguere due principali varianti di licenziamento per giustificato motivo. Il primo è chiamato soggettivo ed è collegato a un’inadempienza personale del dipendente, ma non così grave da dare via al recesso per giusta causa. Un caso è, ad esempio, dato da un’assenza prolungata da parte del lavoratore. Assenza che danneggia l’azienda che ha, dunque, la necessità di sostituire la persona per poter riassegnare ad altri quella mansione.

La seconda opzione è il motivo oggettivo ed è riconducibile allo stato in cui si trova il business dell’impresa. È questo lo scenario in cui, a seguito di un fallimento o di una revisione della gestione economica, è necessario attuare il taglio del personale. In entrambe le situazioni il licenziamento per giustificato motivo  deve avvenire secondo tempistiche prestabilite. Queste, a differenza della variante con giusta causa, devono tenere conto del corretto preavviso che non può essere assolutamente ignorato. La procedura inoltre varia a seconda della dimensione dell’azienda e deve far riferimento anche alla presenza o meno di contratti a tutele crescenti.