Opposizione all’esecuzione: che cos’è? Quali procedure seguire?

La procedura relativa all’opposizione all’esecuzione è uno strumento a disposizione del debitore per opporsi all’esecuzione forzata nei suoi confronti. In base alle motivazioni e al momento in cui si presenta questo tipo di istanza se ne possono distinguere diversi tipi. Ecco una breve panoramica circa questa istituzione presente nel nostro ordinamento giuridico.

Opposizione all’esecuzione: che cos’è?

L’opposizione all’esecuzione è il mezzo attraverso il quale il debitore si può opporre all’esecuzione forzata. Si tratta quindi di una contestazione avverso il diritto del creditore a promuovere l’esecuzione.

Nell’ordinamento giuridico italiano è disciplinata dall’articolo 615 del Codice di procedura civile (forma dell’opposizione) e trova ulteriore definizione nel successivo articolo 616 del Codice di procedura civile (provvedimenti del giudice dell’esecuzione).

Tra gli obiettivi di questa istituzione non c’è solo quello di contestare la nullità dell’esecuzione forzata, ma anche quello di negare l’esistenza del titolo esecutivo o la sua idoneità a fondare l’esecuzione o negare la corrispondenza della misura richiesta rispetto a quanto contenuto nel titolo esecutivo.

L’opposizione all’esecuzione può essere proposta in via preventiva al precetto o successivamente al pignoramento. Attraverso l’opposizione all’esecuzione, quindi, il debitore chiede che sia accertata la sussistenza del diritto processuale di agire con l’esecuzione forzata.

Può proporre opposizione all’esecuzione chi ha interesse a contestare il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata. Di conseguenza, è legittimato il debitore esecutato e il terzo possessore o detentore del bene sottoposto ad esecuzione e, in alcuni casi, anche il terzo acquirente del bene sottoposto a pignoramento dal creditore.

Motivazioni dell’opposizione all’esecuzione

Alla base dell’opposizione all’esecuzione devono esserci dei motivi che ne giustificano l’azione. I motivi possono essere:

  • di merito, quando si contesta l’esistenza del diritto sostanziale fatto valere dal creditore;
  • di rito, se si contesta la qualità dell’atto in base al quale si agisce;

A sua volta, la contestazione della legittimazione può essere attiva o passiva. Si dice attiva quando i beni oggetto di pignoramento fanno parte del patrimonio del debitore, ma che invece dovrebbero essere esclusi.

È invece una contestazione passiva quella che si verifica quando l’opposizione all’esecuzione è proposta in via preventiva al precetto tramite atto di citazione ex articolo 163 del Codice di procedura civile. In questo caso, il giudice ha la facoltà di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo. Se così non dovesse accadere, si procede tramite proposizione di ricorso al giudice dell’esecuzione.

Qual è la procedura da seguire?

Come già accennato, l’opposizione all’esecuzione può essere preventiva o successiva. Nel primo caso si tratta di una opposizione all’esecuzione presentata prima dell’inizio dell’esecuzione. Questa deve essere quindi presentata con atto di citazione o ricorso (se coinvolge il rito del lavoro). La notifica deve essere indirizzata alla residenza o al domicilio eletto del creditore o, in mancanza, presso la cancelleria del giudice in cui il precetto è stato notificato. In questo ambito il giudice può decidere se sospendere l’efficacia esecutiva del titolo tramite sentenza. La sentenza può comunque essere impugnata dal creditore.

Invece, nel caso di opposizione all’esecuzione successiva, ovvero, promossa dopo l’instaurazione del processo esecutivo, si contesta sia il diritto del creditore a procedere con l’esecuzione, sia la pignorabilità stessa dei beni. Di conseguenza si dice che ha una struttura bifasica.

La procedura inizia con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, in seguito al quale il giudice fissa la data dell’udienza di comparizione e assegna il termine per la notifica del ricorso e del decreto, pena l’inammissibilità del ricorso.

Il giudice, durante l’udienza di comparizione, può sia confermare o revocare la sospensione già pronunciata, sia pronunciarsi circa la richiesta di sospensione. Si passa quindi alla causa di merito, introdotta con atto di citazione, nella cui prima udienza il giudice verifica la propria competenza e fissa il termine per la notifica dell’atto di citazione o del deposito del ricorso, cui segue l’emissione della sentenza (impugnabile) da parte del giudice.