Deducibilità dei contributi: quale risparmio con la pensione integrativa?

La pensione integrativa viene anche denominata “secondo pilastro” del sistema previdenziale. Si tratta di uno speciale piano di accumulo individuale, volto a garantire un tenore di vita adeguato e ad affiancare la pensione classica che si riceve quando si sono raggiunti gli anni di contribuiti o l’età necessari per riceverla.

Questo metodo non è solo molto richiesto da coloro i quali desiderino una maggiore stabilità per il futuro, ma è persino incentivato dallo Stato grazie ad agevolazioni estremamente interessanti, tra cui la deducibilità fiscale.

Ovviamente, il tutto viene regolato secondo degli scaglioni di reddito predefiniti: clicca qui per conoscerli e comprendere come vengono applicate le aliquote.

La deducibilità dei contributi

Ogni anno, milioni di italiani compilano il 730, il modello di dichiarazione dei redditi che si riferisce all’anno precedente e che include: il totale dei pagamenti ricevuti dal datore di lavoro (escluso il TFR) o dall’ente previdenziale, gli interessi maturati sul proprio conto, i redditi derivanti da attività commerciali o individuali e quelli che invece si riferiscono a immobili. La somma netta di tutte queste voci è quella su cui viene applicata l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (ovvero l’IRPEF).

Tra gli elementi deducibili dal reddito totale, al fine di abbassare l’importo su cui pagare tale tassa, vi sono gli oneri riguardanti la prima casa o abitazione principale, le spese mediche, le polizze sulla vita e, come già accennato, i versamenti relativi alla pensione integrativa.

Essendo gli scaglioni realizzati per prevedere una percentuale di IRPEF maggiore man mano che l’imponibile aumenta (fino a 15 mila euro si parla di un 23%, mentre oltre i 75 mila si arriva addirittura al 43%), va da sé che sottrarre i contributi versati per il secondo pilastro diminuisce drasticamente il totale.

Si tratta di un risparmio immediatamente applicabile, il cui tetto massimo si attesta a più di 5 mila euro annui e il versamento va effettuato  entro e non oltre il 31 dicembre di ciascun anno.

Altre peculiarità fiscali della pensione integrativa

Sempre ai fini della deducibilità fiscale, al fondo integrativo può anche accedere un familiare a carico. .

Qualora il familiare o l’aderente stesso sia un lavoratore con regime forfettario, godrà già di agevolazioni fiscali che non gli consentiranno di accedere a questa forma di risparmio, mentre, in caso di giovani dipendenti alla loro prima esperienza lavorativa, il tetto massimo dei 5 mila euro annui aumenterà a oltre 7 mila.

Il discorso cambia qualora i versamenti effettuati per la pensione integrativa superino i limiti: nonostante la deducibilità si blocchi nei due scaglioni già citati, è possibile comunicare all’ente di riferimento la cifra in eccesso (comunicazione dei contributi non dedotti), così da renderli esenti in fase di erogazione della pensione integrativa.

Quando nasce la pensione integrativa

La pensione classica è nata con lo scopo iniziale di creare fondi a partire dai redditi dei lavoratori più giovani, i quali a loro volta ne avrebbero beneficiato grazie ai dipendenti della generazione successiva.

Inoltre negli anni 90 il metodo di calcolo delle pensionida retributivo (ovvero conforme allo stipendio mensile incassato durante tutto l’arco della vita lavorativa), si è trasformato in contributivo, quindi aderente a ciò che effettivamente è stato versato.

Principale motivo del cambiamento è stato lo scarso intercambio generazionale, causato dalla diminuzione drastica della natalità: è stato a questo punto che sono nate le pensioni integrative parallelamente a quella classica che, spesso, si rivela insufficiente o lontana nel tempo.

Questi fondi ulteriori vengono solitamente capitalizzati, ovvero investiti sul mercato azionario o come obbligazioni a seconda della scelta del soggetto richiedente, che può essere fatta in fase precoce e quindi generare rendimenti interessanti.